È stato finanziato grazie ai fondi europei del programma INTERREG V-A Italia-Malta. Lo studio si è concentrato su 1/3 della popolazione pediatrica maltese, pari a circa 20.000 persone. L’isola è stata scelta per via del suo gap diagnostico
La celiachia è una malattia diffusa in tutto il mondo e, nonostante sia ampiamente sottodiagnosticata, i dati sulla sua prevalenza – dell’1%, con ampie variazioni locali – sono aumentati significativamente negli ultimi venti anni. Dopo la diagnosi certificata, l’unica prescrizione “terapeutica” per chi soffre di intolleranza al glutine – un complesso di sostanze azotate che si forma durante l’impasto – è un regime alimentare rigorosamente senza questo elemento. Ottimizzare la diagnosi della malattia celiaca, rendendola al tempo stesso meno invasiva, sarebbe dunque un ottimo passo avanti per la medicina e potrebbe significare molto per i malati, che potrebbero così iniziare per tempo ad avere uno stile di vita adeguato.

L’Italia, dove la celiachia è l’intolleranza alimentare più frequente – è stato calcolato che nella popolazione il numero teorico di celiaci si aggiri intorno ai 600.000, contro gli oltre 200.000 ad oggi diagnosticati – sta lavorando molto su questo fronte e uno dei programmi di ricerca più interessanti è quello del dipartimento di Fisica e Chimica dell’università di Palermo, coordinato dal professor Giuseppe Raso, che da anni si occupa di applicazioni delle ICT in ambito medico.

ITAMA – questo il nome del progetto – ha come obiettivo proprio il miglioramento del processo diagnostico della malattia, attraverso l’uso di test non invasivi e l’introduzione di strumenti ICT come il Decision Support System (DSS). “Utilizziamo test innovativi non invasivi, – spiega Raso – già sperimentati in fase clinica ma non ancora diffusi, che vengono effettuati, in aggiunta ai test convenzionali, in uno screening su oltre 20000 soggetti, per lo più pediatrici, di Malta e Sicilia. Il progetto punta anche a definire strumenti per il trasferimento tecnologico e d’innovazione al settore sanitario”.

Il lavoro è interdisciplinare e vede come capofila il dipartimento di Fisica e chimica dell’università di Palermo e come partner il dipartimento di Patologia umana dell’adulto e dell’età evolutiva dell’università di Messina, il Mater dei hospital del Ministero della Salute di Malta e la società AcrossLimits di Malta. Collaborano inoltre l’assessorato alla salute della Regione Sicilia e l’ospedale Buccheri La Ferla di Palermo. Partecipando a progetti transfrontalieri UE, il team del professor Raso in passato aveva sviluppato algoritmi di intelligenza artificiale per il supporto alla diagnosi di malattie autoimmuni e proprio in questo contesto è nata l’idea di sviluppare un partenariato per occuparsi della celiachia.

“Abbiamo cominciato a raccogliere dati a febbraio 2020”, spiega Raso. “Purtroppo l’emergenza Covid-19, con la conseguente chiusura delle scuole di Malta e la ridotta mobilità imposta dai governi, ha costretto a una sospensione delle attività di presa dati, che riprenderanno a settembre 2020 per concludersi a marzo 2022”. Malta è stata scelta perché sull’isola è presente un gap diagnostico per malattia celiaca. “Arruolando 1/3 della popolazione pediatrica maltese (20.000 persone) puntiamo a verificare la possibilità di colmarlo con un test rapido e poco costoso (cosiddetto PoC test), effettuabile anche a scuola o in ambulatorio, e a evitare l’invasività e il costo di un esame bioptico intestinale mediante l’uso sequenziale di test di laboratorio (PoC test preliminarmente e poi tTG IgA convenzionali e AAc). L’intero percorso diagnostico sarà coadiuvato da strumenti ICT”.

Oltre ai risultati attesi a Malta, il progetto sta arruolando in Sicilia circa 1000 pazienti, divisi tra ricoverati in unità endoscopiche e parenti di primo grado di bambini celiaci, “il tutto – continua Raso – allo scopo di verificare l’accuratezza diagnostica del PoCT anche se il test è negativo e di cercare con il microscopio confocale i depositi mucosali di tTG che, nelle malattie autoimmuni, indicano una relazione con il glutine anche quando l’intestino non è danneggiato”.

A seguito dell’emergenza Covid è stato aggiunto un “work package” specificamente “Covid oriented” che – attualmente solo per Malta – metterà a servizio della comunità il know how e la rete di contatti del progetto. “In particolare – precisa Raso – grazie al legame che il progetto ITAMA ha con le scuole e gli utenti a Malta, l’obiettivo è quello di sviluppare una web application e una online e-learning platform per sensibilizzare la popolazione sul COVID-19. La web app sarà online e accessibile da cellulare, da tablet e pc, e conterrà una serie di domande per aiutare a capire se gli studenti abbiano sintomi che potrebbero indicare la presenza del virus. Dall’altra parte, la e-learning platform avrà contenuti educativi riguardanti i sintomi che possono indicare la presenza del coronavirus, indicazioni sulla distanza sociale, regole utili per la protezione con l’uso di mascherine e altro abbigliamento protettivo e per la propria igiene. Tutto questo può essere comunicato direttamente via email alle scuole e ai genitori usando il database di contatti del progetto e, in generale facendo uso dei social media e del sito già attivi in ITAMA e sarà in ogni caso concordato coi Ministeri dell’Educazione e della Salute di Malta. Se queste soluzioni si dimostreranno utili potranno eventualmente essere proposte alle autorità sanitarie italiane”.

Il progetto ITAMA è stato finanziato grazie ai fondi europei del programma INTERREG V-A Italia-Malta con un finanziamento di circa 1.950.000 euro su un costo complessivo del progetto di circa 2.300.000 euro. “I lavori che si occupano di salute sono strategici – conclude Raso – perché migliorano la qualità della vita degli abitanti del territorio, affrontando spesso sfide comuni in regioni transfrontaliere; perché riducono, quando possibile, i costi per la diagnosi e quelli dovuti a una ritardata diagnosi; e infine perché offrono opportunità di lavoro ad aziende nel territorio che si occupano di strumenti diagnostici o di supporto alla diagnosi. La comunità scientifica concorda sulla necessità di migliorare i metodi di diagnosi delle malattie autoimmuni e sull’importanza dell’approccio interdisciplinare e del supporto delle ICT per raggiungere questo obiettivo. In particolare, per la celiachia, il bisogno di supporto nasce dall’esigenza di anticipare i tempi e migliorare l’accuratezza della diagnosi, evitando esami invasivi soprattutto in età pediatrica e riducendo i costi della malattia indotti dal ritardo della diagnosi”.