Negli anni si è cimentato con le rigorose lager tedesche, ma anche con tipologie di frontiera come la Lola, birra a fermentazione spontanea prodotta con l’aggiunta di marasche e ciliegie locali, oggi affinata anche in botte, o la H, una stagionale prodotta con un particolare processo di maturazione che riduce la presenza di glutine rendendola adatta anche agli intolleranti a questa proteina.
Veneto Doc (al punto da non sapersi trattenere dal gettare nel tino un ingrediente locale che possa raccontare il suo territorio: è nata così la Maranella, birra con aggiunta del mais Marano) Simone Dal Cortivo del birrificio Birrone di Isola Vicentina (Vicenza) è stato incoronato Birraio dell’Anno 2014. A sceglierlo nella rosa dei candidati una giuria di settanta fra degustatori professionisti ed esperti del settore.

Corsi all’università per i birrai

E mentre la passione per i microbirrifici sembra contagiare l’intero Nordest – l’università di Udine ha perfino organizzato delle lezioni per aspiranti startupper del luppolo – Simone è riuscito a primeggiare tra tanti colleghi artigiani della birra che ora permettono all’Italia birraria di guardare a testa alta tutti i più grandi e blasonati Paesi.
Il Birrone ha aperto il 19 aprile 2008, ma la passione per le birre di Simone, birraio e fondatore, viene da più lontano. Fin dalla fine degli anni ’80 l’amore per luppoli e malti lo spinge a varcare più volte il confine alla ricerca di piccole brauhaus bavaresi. La moglie, probabilmente anche per ridurre i continui blitz in terra tedesca, gli regala il primo kit nel 1998, ma se sperava di placare la passione del marito fallisce decisamente. Gli scambi con i birrai si intensificano sia in Germania, soprattutto con il braumeister di Bruckberg, che in Italia con Paolo de Martin, del birrificio Barchessa di Villa Pola.

Lo sviluppo dal 2008

Il birrificio parte con un impianto produttivo da 12 ettolitri, con birre di ispirazione tedesca che conquistano immediatamente il gusto del consumatore veneto. Nel tempo i volumi, grazie al lavoro svolto nel territorio (che fino al 2011 assorbe il 100% della produzione), aumentano fino ai 3.000 ettolitri attuali. Nel 2013 arriva lo spostamento produttivo in uno stabilimento limitrofo quattro volte più grande (1.100 metri quadri) dove viene creato anche uno spazio dedicato alla degustazione: è “La Casa del Birrone”. Il 2014 è l’anno della consacrazione della critica: i premi per la Cibus e la Scubi prime a Birra dell’Anno, poi i riconoscimenti da parte della Guida alle Birre d’Italia di Slow Food e il bronzo all’European Beer Star.

Ciliegina sulla… schiuma, il titolo di birraio dell’anno, nella competizione ideata e organizzata da Fermento Birra che premia la bravura di un produttore italiano intesa come eccellenza e costanza qualitativa di un intero anno. La valutazione è stata sulla capacità di entusiasmare pubblico e critica con “birre da bere”, come recita il motto del birrificio, ovvero firmando prodotti semplici nella loro bontà, mai vittima di mode e privi di eccessi. Un premio a «una filosofia produttiva incentrata sull’equilibrio e sulla bevuta capace di valorizzare l’aspetto socializzante della birra e di ricordare che la birra artigianale italiana non è necessariamente vittima di eccessi e di aromatizzazioni sensazionali».

Nel 2014 il Birrone si è affermato con birre di non facile realizzazione come le basse fermentazioni, prodotti, più fragili e sensibili a problematiche produttive e di conservazione. Birre dunque difficili da fare, ma non da da bere: fra quelle di maggiore successo la Punto G (una bock ambrata ammiccante fin dal nome), o la Gerica (esempio di contaminazione tra il mondo degli aromatici luppoli americani e la solida scuola tedesca), mentre la Scubi, schwarzbier pluripremiata, ha note di mou e sensazioni tostate di cacao e liquirizia.

Nella classifica del premio il secondo posto è di Giovanni Campari del Birrificio del Ducato di Roncole Verdi di Busseto (PR), terzo Valter Loverier del birrificio Loverbeer di Marentino (TO).

 

Fonte: food24.ilsole24ore.com