mensa scolastica

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Il caso di due alunni del Cirillo è stato denunciato dall’Associazione italiana celiachia. La preside: “I genitori possono permettersi quelle somme. Se mi arriva un vegano, allora, che cosa faccio?”

mensa scolasticaSe sei celiaco e vuoi pranzare a scuola paghi il triplo. Succede a Bari, al convitto Cirillo, dove nell’ultimo anno la retta per i bambini affetti da celiachia è schizzata dai 1.100 euro a 3.100 euro annuali. La denuncia arriva dall’Associazione italiana celiachia (Aic), che rappresenta il caso di due bambini, di otto e sei anni, iscritti alla scuola barese. La vicenda, riportata anche nel corso di un convegno regionale dell’Aic, è unica in Italia.

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Tutto comincia a dicembre 2014, quando a un bambino di terza elementare viene diagnosticata la celiachia. I suoi genitori fanno richiesta alla dirigenza del Cirillo di somministrare, come impone la legge 123 del 2005, un menu senza glutine. Ma la cucina dell’istituto non è attrezzata e, tra dinieghi e ricerche di soluzioni alternative, si arriva a maggio 2015, quando il bambino finalmente pranza grazie a un pasto fornito (gratuitamente) dalla ditta Ladisa, che rifornisce con menu differenziati scuole e ospedali cittadini. Nell’anno successivo le cose si complicano, perché allo stesso istituto si iscrive un’altra bambina con la stessa malattia e che necessita dello stesso menu.

La Ladisa non è più disponibile a fornire i pasti, però, e per i mesi di settembre e ottobre i due bambini si devono accontentare, a mensa, di un menu normale, evitando i cibi potenzialmente pericolosi. A novembre, finalmente, la scuola sottoscrive un contratto con un laboratorio barese che produce prodotti da forno. Costo: 15 euro al giorno per ogni bambino. “Rispetto a tale soluzione – commentano i genitori dei due bambini – abbiamo manifestato le nostre perplessità relativamente non alla qualità del pasto, sicuramente eccellente, ma a una serie di annessi, come l’acqua in bottiglia o la frutta imbustata singolarmente con posate e bicchieri, inutili rispetto alla celiachia e rilevanti sul costo del pasto. Inoltre il pasto non è formulato da una dietista, come previsto dalla linee guida della ristorazione scolastica”.

E quei 15 euro giornalieri finiscono per pesare sul bilancio della scuola che, pur potendo accedere a finanziamenti regionali stanziati per tali necessità, adotta una delibera con la quale si triplica il costo della retta annuale, che passa da 1.100 a 3mila 100 euro. “Non posso non accettare i bambini celiaci, sarebbe discriminante – premette la dirigente del Cirillo, Margherita Viterbo – ma ci siamo dovuti fare i conti e aumentare le rette. Le famiglie pretendono che paghiamo noi, ma non è possibile perché useremmo i soldi delle altre famiglie. E poi già i celiachi ricevono un contributo mensile dalla Asl, non siamo noi che dobbiamo risolvere il problema. Comunque sono persone che se lo possono permettere”.

La dirigente si riferisce alla quota che il sistema sanitario distribuisce per l’approvvigionamento di prodotti a casa: “È la prima volta, in tanti anni, che ho a che fare con tali atteggiamenti – si indigna il presidente regionale dell’Aic, Michele Calabrese – La legge 123 del 2005 ha definito la celiachia una “malattia sociale”. Il comportamento del Cirillo è allucinante, discriminazione pura. Ne parleremo ancora con il Comune. Se le cose non dovessero cambiare, agiremo a livello giudiziario”.

E mentre il direttore generale dell’Uffico scolastico regionale, Anna Cammalleri, sollecitata da una lettera non prende ancora posizione, la preside Viterbo chiosa: “Se mi arriva un vegano, allora, io che faccio? Poi vengono tutti al Cirillo. Non intendo essere denunciata per distrazione di fondi. La nostra è una mensa collettiva, la possono usare tutti, ma se ci sono costi aggiuntivi li devono pagare loro”.

 

Fonte: bari.repubblica.it

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