La «pesantezza» accusata dopo aver mangiato alimenti che ne sono ricchi non è sufficiente per una diagnosi della malattia vera e propria

Sull’ipersensibilità al glutine si discute da anni: secondo alcuni è un vero problema clinico, con sintomi simili ma diversi dalla celiachia vera e propria, che riguarda una fetta consistente della popolazione; gli scettici invece ritengono che non esista e sia solo un mezzo per vendere i prodotti senza glutine a una platea più ampia di consumatori. Qualche tempo fa gli studi del gastroenterologo Gino Roberto Corazza del Policlinico San Matteo di Pavia hanno fatto un po’ di chiarezza, dimostrando che la sensibilità al glutine non celiaca esiste, ma riguarda una frazione esigua della popolazione generale, nulla a che vedere con il 6% ipotizzato in passato. Come spiega Marco Silano, direttore dell’Unità Operativa di alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, «conta molto l’auto-suggestione, tanti dopo aver mangiato cibi con glutine riferiscono mal di pancia, sonnolenza, stanchezza e si diagnosticano l’ipersensibilità. Gli studi hanno dimostrato che somministrando glutine sotto forma di compressa, senza quindi che se ne sia consapevoli, i sintomi spariscono nella maggioranza dei casi».

La diffusione

Si stima infatti che la sensibilità al glutine riguardi circa l’1% della popolazione. E non va confusa con la celiachia, come specifica Silano: «Nel celiaco la causa dell’intolleranza è una reazione immunitaria con basi genetiche, nel sensibile al glutine è possibile siano coinvolti meccanismi di ipersensibilità viscerale; inoltre il celiaco deve evitare anche “briciole” di glutine e non può guarire, chi è solo sensibile invece ha una risposta dose-dipendente (i sintomi sono più intensi al crescere della quantità di glutine, ndr) e può pian piano risolvere il disturbo, reintroducendo i cereali.

Diagnosi per esclusione

«Purtroppo la confusione sul tema ha portato a banalizzare la dieta senza glutine, che è salvavita per il celiaco ma non lo è per chi è ipersensibile. Non esiste un marcatore, così la diagnosi è per esclusione perché occorre infatti essere certi che non si tratti di celiachia; tuttavia è bene ricordare che il glutine è “pesante” per tutti e qualche difficoltà digestiva, soprattutto se il pasto ne è ricco, va messa in conto». Basta insomma ridurne l’apporto se i sintomi sono fastidiosi e si è passati da un iter diagnostico adeguato, evitando il fai da te.

Composti non assorbibili

«Inoltre, sembra che la sensibilità sia riferita ai cereali in generale anziché al solo glutine: nuove ricerche suggeriscono che alla base del disturbo vi sia un’incapacità di digerire il fruttano, uno dei FODMAPn(polioli, mono-, di- e oligosaccaridi che si trovano in molti tipi di alimenti fra cui frutta, verdura, legumi, grano, dolcificanti, succhi di frutta) aggiunge Silano. «Si tratta di composti non assorbibili che favoriscono la fermentazione da parte dei batteri intestinali; ciò, soprattutto in chi soffre di colon irritabile e ha una soglia di sopportazione della fermentazione intestinale più bassa rispetto alla norma, porta a dolore, gonfiore, diarrea. Non esistono esami specifici per individuare l’intolleranza ai FODMAP, che sono molto più difficili da evitare rispetto al glutine perché presenti in molte categorie alimentari: si parla perciò di diete a basso contenuto di FODMAP, che ogni paziente costruisce assieme a medico e dietista.

Variabilità individuale

Escluso che non si tratti di altre intolleranze, chi ha una sensibilità al glutine e/o ai FODMAP deve capire infatti quali cibi siano più difficili da digerire e a quali “dosaggi”, perché c’è una forte variabilità individuale e qualcuno può avere fastidi dopo aver mangiato la frutta e non gli ortaggi o viceversa, oppure avere i sintomi solo oltre una certa quantità. Il mal di pancia è una condizione molto individuale, su cui per di più incidono molto elementi come lo stress: ognuno deve perciò identificare la dieta giusta per sé, ascoltando i sintomi e facendosi guidare dal medico per identificarne i reali responsabili» conclude Silano.

 

Fonte: www.corriere.it