Uno studio della May Clinic ha rilevato che nel 44% dei casi i parenti di primo grado dei soggetti con la celiachia presentano la condizione senza manifestare alcun sintomo, oppure con sintomi atipici. “Una percentuale più alta di quanto ci aspettassimo”, dice Imad Absah, autore senior dello studio

Un team di ricercatori della Mayo Clinic suggerisce che nei casi di celiachia bisognerebbe valutare la presenza della patologia anche tra i familiari del paziente.

Lo studio.

Imad Absah e colleghi, della Mayo Clinic, hanno studiato 104 pazienti con malattia celiaca, che nel complesso avevano 477 parenti di primo grado. Dei 360 parenti che hanno accettato di sottoporsi all’esame del sangue, a 160 è stata diagnosticata la malattia, a un’età media di 32 anni. Le diagnosi sono in genere confermate da una biopsia dell’intestino tenue. Gli esami del sangue, osserva Absah, sono più economici dei test genetici, che indicano solo se qualcuno è a rischio di sviluppare la malattia, non se ce l’ha.

Secondo le linee guida attuali se a un bambino viene diagnosticata la celiachia i familiari dovrebbero effettuare un test, ma quando la diagnosi riguarda un adulto il test viene raccomandato solo per i parenti stretti che presentano dei sintomi. Absah osserva che negli ultimi anni è stato diagnosticato un discreto numero di pazienti che non presentavano sintomi classici, tra cui perdita di peso e diarrea cronica negli adulti o crescita stentata nei bambini.

Il ricercatore raccomanda ai bambini affetti da celiachia di sottoporsi a screening ogni tre o cinque anni, più spesso se sviluppano sintomi. I membri della famiglia, precisa Absah, non devono seguire una dieta priva di glutine semplicemente perché è stato diagnosticato un parente, perché ciò potrebbe distorcere i risultati dello screening.

Peter Green, direttore del Celiac Disease Center della Columbia University di New York City, non coinvolto nello studio, ha dichiarato che le diete a basso contenuto di glutine aumentano il rischio di malattie cardiache e diabete di tipo 2 , “probabilmente a causa del basso apporto di cereali integrali”.

Fonte: Mayo Clin Proc 2019

Tamara Mathias

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)