Circolano in rete diverse teorie in merito all’origine della celiachia e alcune attribuiscono questa malattia a cause recenti, legate alla produzione industriale del grano.

Sembrerebbe invece che, al contrario, si possa far risalire questa predispozione genetica addirittura all’uomo di Neanderthal.

La celiachia è una reazione immunitaria all’assunzione di glutine che a lungo andare produce un’infiammazione che danneggia il rivestimento dell’intestino tenue e impedisce l’assorbimento di alcuni nutrienti (malassorbimento). Si stima che colpisca circa l’1% della popolazione italiana, quota che corrisponderebbe a circa 600 mila italiani, contro gli oltre 225 mila oggi diagnosticati.

La celiachia è in realtà una patologia antica, presente fin dall’introduzione del grano nella dieta umana, la prima descrizione dei sintomi e dei suoi segni clinici risale al 250 d.C. e la sua diffusione si correla con l’assunzione di glutine presente nel grano e con incremento della coltivazione dei cereali. Recenti ricerche fanno sospettare che questa malattia abbia una componente genetica preumana, nel senso che coinvolge il genoma che la nostra specie di Homo sapiens ha acquisito dall’Homo neanderthalensis.

È noto che i Neanderthal scomparvero circa 40 mila anni fa, ma per lungo tempo in Medio Oriente, tra i 50 mila e i 60 mila anni fa, le due specie di Sapiens e Neanderthal hanno convissuto e si sono accoppiati, scambiandosi i geni.

Per questo, in media il 2% del Dna di tutti gli esseri umani non africani di oggi ha un materiale genetico un tempo appartenuto ai Neanderthal e da loro ereditato e questi geni sono oggi oggetto d’intense ricerche. Riguardo ai geni del Neanderthal che nell’uomo moderno si ripetono con maggiore frequenza, si pensa oggi che abbiano un vantaggio evolutivo, fornendo alla nostra specie le difese genetiche contro i virus che abbiamo incontrato dopo l’uscita dall’Africa.

Degli oltre 4.500 geni che nell’uomo moderno interagiscono con i virus, 152 geni che abbiamo ereditato dai Neanderthal interagiscono con i virus Rna, i più semplici ma anche i più frequenti e veloci a riprodursi, tra questi i virus dell’Hiv, epatite C, influenza A e il batterio della peste (Galvani A.P., Novembre J., 2005).

La nostra specie, acquisendo dai ‘cugini’ Neanderthal il materiale genetico da loro sviluppato, avrebbe quindi ottenuto un’arma per combattere pericolose infezioni, ma anche qualche rischio.

Un recente studio indica che il principale fattore di rischio genetico per i sintomi gravi dopo l’infezione da Sars-CoV-2 e il ricovero in ospedale è conferito da un segmento genomico ereditato dai Neanderthal e presente in circa il 50% delle persone nell’Asia meridionale e il 16% in Europa (Hugo Zeberg, Svante Pääbo, 2020).

Tra maggiori rischi acquisiti dai Neanderthal vi sarebbe anche quello della celiachia (Dubois P. C. A. et al., 2010) e ciò non deve stupire, perché i Neanderthal avevano un’alimentazione prevalentemente carnivora e, per quanto riguarda il consumo di alimenti di origine vegetale, si presume privilegiassero i frutti zuccherini, privi di glutine.

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Fonte: ilfattoalimentare.it