A poco più di un anno dalla legge sulla celiachia, cerchiamo di capire come stanno le cose a San Marino. Un tema molto sentito in Repubblica che riguarda circa duecento persone, e che ora vogliono fare valere i loro diritti.
A questo proposito, abbiamo contattato la presidentessa dell’Associazione Celiachia San Marino, Joanne Felici.

“La legge n. 112 del 23 agosto 2016 ( ‘Norme a tutela dei soggetti affetti da malattia celiaca’, ndr) è stata approvata – dice Felici – ma purtroppo ancora il regolamento non è stato attuato. In Italia hanno una legge attiva dal 2005 (n. 123) mentre sul Titano dopo diverse Istanze d’Arengo si è arrivati al grande traguardo dell’anno scorso. Mancavano dei diritti per il celiaco sammarinese, ora che esiste la legge vogliamo andare avanti affinché tutti possano giovarne. La legge è dalla nostra parte, spero si possa risolvere in tempi brevi la questione del regolamento”.
L’aspetto sul quale l’Associazione vuole puntare maggiormente riguarda l’erogazione del cibo senza glutine.
“Inizialmente le persone affette da celiachia potevano recarsi alla farmacia dell’Ospedale per ritirare i loro prodotti, mentre oggi è possibile farlo tramite la Farmacia di Serravalle (al Centro Atlante di Dogana). Una persona adulta può erogare fino a 9 kg (in base alla fascia d’età). Successivamente questi nove chili sono stati suddivisi per fabbisogni (pasta, dolci, ecc.). Noi come Associazione celiachia San Marino vorremmo rivedere il modo di distribuzione del prodotto.

In Italia ad esempio si è partiti con dei buoni cartacei che i celiaci possono spendere dove vogliono loro: supermercati, ristoranti, e così via. Questi buoni in futuro potrebbero essere anche implementati in buoni magnetici, magari utilizzando la tessera sanitaria. A San Marino, tutto questo si potrebbe fare ad esempio con la Smac o la Cartazzurra. Bisognerebbe trasferire i chili di cui ognuno dispone mensilmente in euro spendibili in esercizi che producono questo  tipo di cibo senza glutine. Ad oggi infatti è possibile solamente erogare i prodotti nelle farmacie ma questo pregiudica meno scelta per il celiaco. Dal momento che esiste la legge, chiediamo che i nostri diritti siano tutelati. E che dunque il malato abbia possibilità di scelta (come accade in Italia)”.

Già, ma se qualcuno volesse andare a mangiare qualcosa in un ristorante del Titano, quali sono le modalità per un titolare per fornire cibo senza glutine?
“Negli anni le cose sono molto migliorate” – racconta la presidentessa Felici – soprattutto grazie al programma ‘Alimentazione Fuori Casa’. Fino a due anni fa, il ristoratore di San Marino doveva passare attraverso la nostra Associazione per avere tutti i nulla osta del caso ed essere seguito nella produzione corretta dei prodotti. Oggi invece è in mano alle Usl delle provincie italiane che organizzano corsi per la manipolazione di cibi senza glutine. Inizialmente, il corso dura quattro ore ed è principalmente informativo. Dopodichè il ristoratore è seguito da tutor che gli illustrerà tutte le pratiche; infine si firmerà un protocollo d’intesa con l’Associazione celiaci. I vari ristoranti andranno ad inserirsi in un vero e proprio elenco di esercizi in cui è possibile mangiare questo tipo di cibi. A San Marino abbiamo ad oggi ben sei ristoranti e due laboratori aperti al pubblico (esiste anche un laboratorio a San Marino ma non distribuisce direttamente ai clienti, ndr). Da questo punto di vista ci riteniamo soddisfatti”.
Tutela degli adulti ma anche dei più piccoli. Chiediamo alla presidentessa anche la situazione nelle scuole sammarinesi: “A differenza delle scuole italiane, in Repubblica non esistono le mense e ogni prodotto viene preparato direttamente dalle cuoche. Non esistono le doppie cucine come nei ristoranti, ma la produzione dei cibi avviene in momenti differenti. Almeno i prodotti sono sempre freschi per i nostri bambini. Inoltre, in ogni plesso in cui c’è almeno un bambino intollerante al glutine, la cucina ha anche un forno dedicato alla produzione di questi piatti. Così facendo tutti i bambini potranno mangiare insieme e non aspettare il loro cibo ‘speciale’. Quando un domani questi bambini non faranno più parte della scuola, il forno (così come tutti gli utensili per la preparazione) potrà essere riutilizzato”.

 

Fonte: www.latribuna.sm

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