La sensibilità al glutine produce gli stessi sintomi della sindrome del colon irritabile: meteorismo, pancia gonfia, distensione e dolenzia dell’addome, difficoltà a digerire, stitichezza che può alternarsi a diarrea. Milioni di persone ne soffrono e imparano a conviverci, senza intervenire, andando incontro a problemi sempre più gravi e danneggiando pesantemente la qualità delle loro vite. Oggi esistono nuove cure e cibi appositi per superare questo problema. Con il professor Mauro Minelli vi spieghiamo le differenze (anche di carattere genetico) tra pazienti celiaci e sensibili al glutine e vi sveliamo le nuove terapie all’avanguardia. 

In Italia vi sono circa 100mila celiaci accertati. Altri 500mila almeno, secondo stime recenti sarebbero celiaci senza saperlo. Di questa malattia ormai si conosce tutto: cause, sintomi ed accorgimenti alimentari che bisogna necessariamente seguire per non incorrere in problemi più seri. Oltre la celiachia esiste, però, un’altra patologia di cui ancora si conosce poco: la Non-Coeliac Gluten Sensitivity (NCGS). Che vuol dire essere ‘sensibili al glutine’ senza essere celiaci. Una patologia che, pur colpendo – secondo alcune stime – 3 milioni circa di italiani nonché il 6-7% della popolazione mondiale, fatica ad essere riconosciuta nel nostro paese. Proviamo ad approfondirne alcuni aspetti tra i più salienti con il professor Mauro Minelli. 

INTERVISTA AL PROFESSOR MAURO MINELLI 

Professore, cerchiamo di fare chiarezza anche per i “profani”: cosa s’intende per “sensibilità al glutine non celiaca” e in cosa si differenzia dalla celiachia?

“La celiachia è patologia oramai molto ben codificata in tutti i suoi aspetti. Dipendendo dall’azione critica del glutine, rende i soggetti che ne soffrono totalmente incapaci di tollerare questa proteina presente nel frumento e in diversi altri cereali (orzo, segale, avena, farro, kamut). 

Nel caso specifico della celiachia, minuscole quantità di glutine, anche solo pochi grammi, sono in grado di attivare, nei soggetti con malattia conclamata, una serie di reazioni (e di sintomi conseguenti) anche particolarmente intense e severe. 

Nel caso, invece, della Non-Coeliac Gluten Sensitivity, il soggetto interessato, pur risultando sensibile, in genere può (e deve) introdurre quantitativi di glutine ‘modulati’ sulla base di un limite soggettivo di tolleranza da misurare attraverso uno specifico ‘test di provocazione’. Già solo per questo la differenza tra i due quadri nosologici risulta, dunque, sostanziale. Altri elementi che differenziano le patologie sono legati alla presenza o meno di specifici marcatori che, sul piano clinico e laboratoristico, ne caratterizzano i profili. Il celiaco è, infatti, un soggetto dotato di una precisa genetica di riferimento, con cellule anticorpali assolutamente distintive della patologia e con esame istologico, eseguito su biopsia duodenale, altrettanto suggestivo per una serie di particolari alterazioni strutturali e cellulari. Il paziente sensibile al glutine (ma NON celiaco) è, invece, un soggetto che può non avere alcun indizio genetico di riferimento, oltre che essere mancante degli elementi sierologici e tissutali tipici dei soggetti celiaci. In entrambi i casi, tuttavia, il glutine rimane l’elemento d’innesco del quadro morboso. In realtà, oltre che sul versante clinico e laboratoristico, la celiachia e la gluten sensitivity differiscono anche sul piano delle dinamiche patogenetiche dipendendo, la prima, da alterazioni dell’immunità ‘adattativa’ e la seconda da disfunzioni dell’immunità ‘innata’, componenti assolutamente diversificate del sistema immunitario sul piano cellulare, evolutivo e funzionale.

Diversa è pure l’incidenza delle due malattie. In effetti, mentre la celiachia colpisce l’1-2% della popolazione mondiale, la Non-Coeliac Gluten Sensitivity sembrerebbe interessare il 6-7% e, secondo alcune recenti proiezioni, addirittura l’8% della popolazione mondiale. Si tratterebbe, nel secondo caso, di numeri piuttosto ragguardevoli che individuano, negli Stati Uniti, circa 20 milioni di ‘cittadini-pazienti’, a fronte dei 2-3 milioni di ‘sensibili al glutine non celiaci’ stimati in Italia attraverso valutazioni verosimilmente approssimate per difetto”.

Quali sono i sintomi e gli effetti della Non-Coeliac Gluten Sensitivity?

“Piuttosto composito ed eterogeno risulta essere il quadro sintomatologico descritto dai pazienti affetti da ‘gluten sensitivity’. In diversi casi la descrizione clinica sembra quasi riproporre il corteo dei disturbi che caratterizza la più nota ‘sindrome del colon irritabile’ e, dunque, meteorismo, pancia gonfia, distensione e dolenzia dell’addome, difficoltà a digerire, stitichezza che può alternarsi a diarrea. Una serie di sintomi a carico dell’apparato intestinale che possono eventualmente associarsi a mal di testa, sensazioni di instabilità e vertigine soggettiva, arrossamenti cutanei diffusi talvolta associati a prurito, astenia con tendenza alla facile stancabilità, turbe della memoria, difficoltà nella concentrazione, dolori articolari migranti. Inoltre, stando ad alcune importanti valutazioni emerse già nel settembre del 2011 ad Oslo nel corso del Congresso Mondiale dei Celiacologi e via via suffragate da evidenze crescenti, la sensibilità al glutine non celiaca sarebbe prodromica a patologie piuttosto complesse come la sindrome da fatica cronica, la spasmofilia e le sindromi fibromialgiche e perfino l’endometriosi, cioè malattie sempre più emergenti ma della cui eziologia ancora non si hanno chiare certezze. È, tuttavia, noto e oramai ben documentato che, nella ‘gluten sensitivity’, l’alterata sensibilità al glutine, pur comportando il coinvolgimento non esclusivo – per quanto immediatamente intuitivo – dell’apparato gastrointestinale, si estende fino ad intersecare molteplici processi fisiopatologici di chiara e rilevante valenza sistemica. Ne consegue che le manifestazioni cliniche, pur includendo quadri sintomatologici apparentemente dissimili e tra loro svincolati, risultano alla fine univocamente riconducibili ad un’unica condizione di infiammazione cronica immuno-mediata, persistente e operante nelle sue diverse espressioni sintomatiche”.

Come gestire operativamente la Non-Coeliac Gluten Sensitivity?

“Un’importante premessa di fondo da cui partire è che la Non-Coeliac Gluten Sensitivity non è patologia riconosciuta nel nostro Paese. In Italia è previsto, al momento, il solo riconoscimento della malattia celiaca. Un soggetto viene identificato come “celiaco” e, dunque, autorizzato e legittimato a ricevere gratuitamente i prodotti senza glutine, solo quando dispone documentalmente di tutti i requisiti (suscettibilità genetica, presenza degli autoanticorpi e profilo istologico) specifici della malattia. Per contro, il soggetto sensibile al glutine non celiaco, mancando anche solo di uno dei tre indizi diagnostici elettivi, viene automaticamente escluso da ogni possibilità di rimborso. Occorrerebbe, dunque, avviare e promuove un’adeguata e corretta azione informativa e formativa finalizzata a collocare nella giusta evidenza un fenomeno di crescente rilevanza clinica e sociale, la cui corretta gestione passa necessariamente attraverso l’impostazione accorta e mirata di un piano alimentare costruito sulle esigenze soggettive di chi lo richiede.  D’altro canto, Il crescente riscontro di reazioni avverse all’assunzione alimentare di cereali contenenti glutine, indipendentemente dalla più nota malattia celiaca, rende lo studio delle potenziali espressioni tossiche di tale proteina oggetto di indiscutibile attualità sia per le molteplici e variabili implicazioni sul piano fisiopatologico e clinico, che per il pesante impatto socio-assistenziale e gestionale.

Risulta, pertanto, evidente che se tutte le osservazioni inerenti la gluten sensitivity, oramai confermate da probanti evidenze scientifiche, dovessero essere universalmente condivise, le loro ripercussioni culturali e socio-economiche assumerebbero un potere d’impatto strategico e determinante, oltre che nella gestione clinica, anche nella ridefinizione a tutti i livelli delle politiche assistenziali a supporto dell’ampia fascia di popolazione interessata. E, d’altro canto, la prescrizione sempre più diffusa di regimi dietetici privi o a basso tenore di glutine, se da un lato appare indiscutibilmente connessa al controllo e alla remissione dei disturbi, dall’altro comporta la necessità crescente di rivisitare e  aggiornare le nostre consolidate abitudini alimentari.

Sulla base delle evidenze clinico-scientifiche attualmente disponibili, il concept DIETAMODULARE®, nato per ottenere una stabile condizione di benessere nei pazienti portatori di quadri patologici complessi generati e sostenuti da alimenti, colloca in posizione strategica proprio le problematiche correlate al glutine ponendosi come obiettivo, grazie alla linea SEMIE®, la definizione condivisa dello spettro di reazioni avverse connesse all’assunzione del glutine, ben oltre la celiachia, nonché l’aggiornato dimensionamento dell’impatto socio-sanitario e culturale di regimi dietetici opportunamente controllati e personalizzati”.

Gaetano Gorgoni

Fonte: www.leccesette.it