Studio USA smentisce correlazione tra consumo di glutine e salute cardiovascolare

L’alimentazione senza glutine è ad oggi l’unica terapia che può garantire una salute ottimale al soggetto celiaco e sensibile al glutine. La cura dei disordini correlati al glutine consiste dunque nel rinunciare agli alimenti prodotti a partire da cereali contenenti glutine, quali grano e frumento ma anche farro, kamut, segale e triticale per lo più fonte di carboidrati complessi (soprattutto amido e fibre) ma anche vitamine e minerali.

Una delle problematiche che può incontrare il paziente celiaco o sensibile al glutine, che deve necessariamente seguire una dieta aglutinata rigorosa e a vita in caso di celiachia conclamata e flessibile, e temporanea in caso di non celiac gluten sensitivity, è la carenza di fibre presenti in alte percentuali nei cereali – dichiara il Professor Luca Piretta, Specialista Gastroenterologo e Nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma e membro del comitato scientifico del Dr. Schär Institute –. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che un’alimentazione ricca di cereali, soprattutto integrali, aiuta a proteggere dalla comparsa di numerose malattie, come ad esempio quelle cardiache, ma ci sono evidenze scientifiche che dimostrano altresì che l’alimentazione gluten free non ha effetti negativi sulla salute cardiovascolare, a dimostrazione del fatto che non è la variante glutine ma più probabilmente la presenza /assenza di fibre a fare la differenza”.

A conferma di tale affermazione, uno studio americano, recentemente pubblicato sul British Medicine Journal (Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study; BMJ 2017), evidenzia come in realtà non vi sia nessuna correlazione tra glutine (assunto dalle persone non celiache) e lo sviluppo di patologie cardiache. I ricercatori hanno analizzato per un periodo di 26 anni 2 coorti molto grandi di adulti americani (64.714 donne e 45.303 uomini) senza storia di malattia coronarica, che hanno compilato un questionario alimentare dettagliato ogni quattro anni dal 1986 al 2010. Il consumo di glutine e lo sviluppo della malattia coronarica sono stati monitorati in questo intervallo di anni; dopo un aggiustamento per i fattori di rischio conosciuti, non sono state riscontrate associazioni significative tra l’assunzione di glutine e il rischio di coronaropatia.

 Uno degli errori più comuni è associare il regime aglutinato a una dieta povera di cereali e di fibre – continua Piretta –. In natura, infatti, esistono cereali naturalmente privi di glutine e ricchi di proprietà nutritive. L’alimentazione dell’intollerante al glutine, ormai, non è più basata sui cosiddetti ‘cereali storici’ – riso e mais – ma si è arricchita grazie all’introduzione dei cereali minori e dei pseudo cereali, quali ad esempio miglio, quinoa, amaranto e grano saraceno, utilizzati anche dall’industria alimentare che produce prodotti con una buona qualità organolettica e nutrizionale”.

Il passaggio a una dieta senza glutine a fronte di una diagnosi di celiachia o sensibilità al glutine non celiaca, rappresenta un cambiamento significativo per il paziente, sia per quanto riguarda la compliance alla terapia sia per quanto riguarda l’applicazione dei principi di una sana alimentazione in chiave gluten free. Una consulenza nutrizionale con un professionista nutrizionista e/o dietologo diventa quindi un passaggio fondamentale.

Il confronto con uno specialista dell’alimentazione che può fornire al paziente informazioni pratiche sul passaggio a una dieta senza glutine e consigli utili per la gestione del nuovo regime alimentare nella quotidianità sia a casa che nel fuori casa  è sicuramente un aiuto importante – conclude PirettaUna consulenza di questo tipo aiuta il paziente a dieta gluten free ad integrare nella propria alimentazione proteine, minerali e vitamine, ma anche e soprattutto fibre, importanti per la loro funzione protettiva della salute cardiovascolare, di cui i ‘nuovi cereali’ sono ricchi”.