Di celiachia si può guarire?

Domanda tutt’altro che scontata eppure di grande attualità, soprattutto dopo le posizioni assunte in merito dal chimico italiano Paolo Mainardi, rinomato studioso del microbiota intestinale che negli ultimi mesi grazie ad un particolare protocollo testato su pazienti sta offrendo una nuova prospettiva di terapia e ricerca su questa disarmante patologia autoimmune.

mainardiLa vera causa della celiachia- scrive Mainardi- è una elevata permeabilità intestinale. Riducendo questa permeabilità, la gliadina ovvero una delle proteine del glutine riesce ad essere tagliata in dimensioni tali da non creare più problemi infiammatori”.

Insomma, di celiachia si potrebbe anche guarire. Ma come?

Al centro del protocollo del prof. Mainardi che verrà presentato al Dibattito Internazionale Be4eat 2015 la settima prossima, l’eccessiva permeabilità intestinale ovvero quella particolare condizione patologica che fa sì che l’intestino non svolga correttamente la sua funzione di barriera protettiva consentendo a tossine, microbi o altre sostanze di accedere direttamente al sangue e di scatenare la reazione del sistema immunitario.

Lavorando in modo corretto su questa permeabilità- spiega Mainardi- è dunque possibile lavorare sulla celiachia e sulle tante patologie ad essa correlate, come tiroiditi, cefalee, artriti reumatoidi, intolleranze, allergie, sensibilità chimica multipla e fibromialgia

Insomma un ventaglio di malattie su base autoimmune che troverebbero oggi un grande alleato nella cura del microbiota intestinale attraverso un attento protocollo e allenamento specifico.
Il nodo centrale è quello di mantenere in esercizio il nostro intestino” è il commento dello studioso, conosciuto per aver ottenuto ottimi risultati nella ricerca sull’autismo partendo proprio dall’intestino.

Un intestino debole è la causa principale delle nostre patologie, celiachia compresa- conferma- Il compito più importante del microbiota intestinale infatti è quello di ripararci continuamente. Per farlo tuttavia deve essere forte. Osservando quello che avviene dopo la nascita, quando la maggiore maturazione dell’intestino coincide con lo svezzamento, capiamo che l’esposizione a cibo complesso è fondamentale affinché impari a dare risposte corrette. L’intestino è quindi una specie di muscolo che ha bisogno di essere esposto a cibo complesso per mantenere la sua forza.

Sottoporsi dunque a diete di privazione riducendo la complessità del cibo ingerito significa indebolire a lungo andare l’intero sistema, “riducendo i preziosi e potenti meccanismi endogeni con cui  continuamente il microbiota ci mantiene sani”.

Ecco quindi che per ripristinare correttamente l’intestino arrestando sul nascere i diversi meccanismi autoimmuni è necessario lavorare sulla sua permeabilità, intervenendo con un protocollo alimentare mirato che prevede da un lato la riparazione della barriera intestinale e dall’altro un allenamento del microbiota sulla base del cibo assunto e dello stile di vita sostenuto.

Le patologie complesse non esplodono improvvisamente- commenta Mainardi- Si arriva ad esse gradualmente, sintomo dopo sintomo, così come una automobile che si rompe pezzo dopo pezzo se smettiamo di portarla dal meccanico. Quali pezzi e in quale ordine? Dipende dalla fragilità dei pezzi. Ma la causa è sempre a monte”.

Insomma una posizione che merita di essere dibattuta, soprattutto alla luce dei diversi casi clinici portati a conferma.

9-10-11 Ottobre Dibattito Internazionale Be4eat 2015, Abano Terme (PD)

 

Fonte: www.niclapress.com